La tradizione nordica deriva dalle popolazioni che abitavano l’attuale Europa settentrionale, le isole britanniche, la penisola scandinava e l’Islanda prima dell’era cristiana.
Queste popolazioni nutrivano un profondo amore per la natura, il rispetto per l’ambiente e per le altre forme di vita. Benché vi fossero differenze di religione, di visioni filosofiche, di usi e consuetudini, condividevano alcuni principi fondamentali. Tra questi, il riconoscimento che le forze creatrici della natura e degli uomini possono venire incanalate in direzioni positive e costruttive, oppure negative e distruttive. Erano popoli che cercavano di vivere in accordo con la natura e con se stessi armonizzandosi con i ritmi della Terra. Grande importanza veniva assegnata alla libertà individuale e all’indipendenza.
C’era parità dei sessi nel senso che ai due sessi veniva riconosciuto uguale valore di opposti complementari, in un’unione in cui l’uno provvedeva ai bisogni e alle carenza dell’altro. Nell’universo stesso si vedevano in azione le polarità maschile e femminile presenti in tutte le cose.
Le divinità dell’Odinismo, la religione più diffusa tra le popolazioni nordiche, erano personificazioni di intelligenze invisibili percepite al di sotto delle forze naturali e universali. Alle divinità veniva attribuita una personalità e un certo comportamento per il semplice fatto che quelle forze invisibili sembravano comportarsi come gli esseri umani. Non erano fantasie, invenzioni religiose o rappresentazioni simboliche, ma erano vere in quanto espressione della potenza delle forze naturali, e in questo senso costituivano un mezzo “tangibile” di contatto con gli uomini, nonostante la loro invisibilità. Ogni divinità impersonava una qualità comprensibile all’uomo, e quindi una figura divina poteva essere avvicinata come un padre, un fratello, una sorella, un amante, un amico, un compagno, un consigliere, un maestro, a seconda delle necessità del momento. Nelle divinità si vedeva l’umano, era cioè come se le divinità fossero passate attraverso tutti gli aspetti dell’esperienza umana, sviluppando così una profonda empatia con l’umanità e una profonda conoscenza esperienziale di cosa significhi essere uomini.
La divinità principale era rappresentata come un’imponente figura patriarcale, capo di tutti gli dei e padre di tutte le cose, in quanto originatore che aveva seminato tutto ciò che esiste. Il suo nome era Odino.
Narra la leggenda che si ritirò nella foresta e, appeso a testa in giù ai rami del sacro frassino Yggdrasil, l’Albero Cosmico della Vita le cui radici si perdono nell’infinito e le cui fronde giungono fino a terra oppure le cui radici si spingono fino agli inferi e le fronde oltre il settimo cielo (un ponte cioè tra terra e cielo), iniziò un rigoroso digiuno, nell’attesa di ricevere un segnale che gli indicasse la via della conoscenza. Trascorsi nove giorni, vide tracciate nel suolo le immagini delle ventiquattro Rune, dono del Grande Spirito, e in quell’istante seppe di trovarsi sulla soglia della sua trasformazione iniziatica. Odino donò a sua volta le Rune agli uomini per aiutarli a evolversi, insieme all’idromele, la bevanda che dona la poesia e la profezia e che contiene il segreto dell’immortalità. Le Rune infatti conferiscono la conoscenza delle forze nascoste della natura e dei processi che fanno sì che la manifestazione avvenga, e sviluppano una percezione che trascende le possibilità dei sensi fisici: vedere con lo spirito attraverso l’apertura dell’occhio interiore e udire suoni inudibili attraverso l’apertura dell’orecchio interiore. Questa trasformazione è possibile perché le rune sono in se stesse potenti forze trasformative.
La figura di Odino appeso all’albero ricorda quella di Cristo sulla croce, e il Cristianesimo venne infatti accolto dalle popolazioni nordiche anche perché le sofferenze della crocefissione ricordavano la prova di Odino, ma anche l’Appeso degli Arcani Maggiori dei Tarocchi.
Il gesto di Odino può essere letto come quello di un martire, pronto a sacrificare la vita per diffondere la verità, pronto cioè a mettere da parte l’io per accedere a una dimensione più grande. La posizione a testa in giù, con lo sguardo rivolto alle radici, può simboleggiare lo scrutare nelle profondità dell’inconscio dove si nasconde il potenziale di tutto il manifestato, oppure un simbolo di morte, cioè il passaggio della coscienza dall’esistenza fisica, esterna, al riposo che prelude a una rinascita. Il sacrificio dell’io in vista del bene più grande del Sé superiore scatenò un lampo improvviso di ispirazione, l’intuizione o visione interiore che gli fece scoprire le rune.
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