L'inesprimibile nella letteratura e nella musica medioevale
Par un matinet l'autrier
Oi chantar un fol berger
Oh!…Oh!….
Il tenait sa dous amie
Entre les braze jolie
Et bayzan il chantat plus…
Questa canzone di anonimo del sec. XIII non appena cita il canto del "fol berger", non ricorre più alla parola, ma sostituisce la parola con un vocalizzo…quasi a rappresentare l'inesprimibile della condizione del "folle", una condizione dove la parola non è sufficiente a esprimere quel determinato e particolare modo di essere. Più avanti vediamo che il folle abbraccia la sua amata e nel momento del bacio, del gesto che più di ogni altro raffigura il contatto con la donna amata, non canta più, non c'è più la parola (potrebbe sembrare ovvio, ma così non è), nemmeno sotto forma di vocalizzo…nel momento dell'unione, la follia e il canto stesso che ne è espressione, si acquietano e si manifestano come silenzio, come assenza di una qualsiasi forma di linguaggio.
Questi pochi versi sono una piccola sintesi introduttiva dell'argomento che tratteremo nel corso di questo articolo: la "follia" mistica, la condizione di chi sperimenta uno stato nel quale è evidente un "contatto" con le realtà di ordine sovrasensibile e il conseguente rapporto con l'espressione di questa particolare condizione. Verso che cosa ci sospinge questo tipo di condizione? E' possibile comunicarla all'esterno? E una volta che si comunica all'esterno, in che modo viene manifestato, in che modo viene descritto ciò che per sua natura è definito come l'inesprimibile? Il nostro "fol berger" non riesce a "dire" se non un vocalizzo, una melodia senza testo, e questo per esprimere una condizione di innamorato che si presta perfettamente a diventare una metafora del rapporto col divino, di un rapporto tra l'innamorato e l'amato, tra l'anima innamorata del divino e l'oggetto di questo amore, cioè il divino stesso. La parola che racchiude in sé questa particolare possibilità di rapporto col "divino" e percorre tutta la letteratura mistica medioevale è "jubilus"…, una forma tra l'altro di canto dove ad un parola immediatamente significante si sostituisce un vocalizzo, proprio come nel caso del "fol berger", un vocalizzo che non è privo di significato, ma che appunto rimanda ad altro, all'espressione di un "inesprimibile" di cui però l'anima è in grado, grazie alla sua origine celeste, di comprendere e afferrare il senso.
Sant'Agostino (354 -430), nelle Enarrationes in Psalmos, abbozza l' "estetica" e la mistica dello jubilus, una delle prime forme del canto cristiano: …"Cantare con arte a Dio consiste proprio in questo: cantare nel giubilo. Che cosa significa cantare nel giubilo? Comprendere e non saper spiegare a parole ciò che si canta col cuore… Il giubilo è quella melodia, con la quale il cuore effonde quanto non gli riesce di esprimere a parole. E verso chi è più giusto elevare questo canto di giubilo, se non verso l'ineffabile Dio? Infatti è ineffabile colui che tu non puoi esprimere. E se non lo puoi esprimere, e d'altra parte non puoi tacerlo(1), che cosa ti rimane se non "giubilare"? Allora il cuore si aprirà alla gioia, senza servirsi di parole, e la grandezza straordinaria della gioia non conoscerà i limiti delle sillabe…". Più tardi (siamo nel sec XIII), San Bonaventura riassumerà dieci secoli di riflessioni, esperienze e considerazioni intorno al concetto dello jubilus riportando in particolar modo le parole di Gregorio Magno: "El jubilo del cuore si chiama un certo gaudio, che non si può esprimere con parole, el quale è nella mente e non si può ascondere né con parlare manifestare, ma ben si vede per certi movimenti benché non si manifestini propriamente. Onde dice David nel Salmo: "Beato è quel populo, el quale sente la jubilatione" (Sal, 88, 16) non dice che parla la jubilatione, ma che sente, perché questo jubilo del cuore, colui che l'ha, lo sente e cognoscelo ben lui nello intelletto, ma non lo può dare intendere alli altri con parole"(2).
Sinesio (c.ca 375 - c.ca 414) così descrive nei suoi Inni il manifestarsi di questa condizione dell'anima: …"Ascolta il canto della cicala/ che beve la rugiada del mattino/ vedi, mi rintoccano le corde/ da sole, e vola una voce/ intorno a me, da ogni parte./ Che cosa è per generare/ in quest'ora la musica divina?"…[ I, 45-51].
Diadoco di Foticea (451-480 c.ca) sottolinea questa condizione di "acusticità" dell'anima (…vedi, mi rintoccano le corde), di un'anima che è essa stessa archetipo di ogni strumento musicale, di un'anima che separata dal corpo …"inneggia a Dio per mezzo del linguaggio interiore, poiché solo dal corpo essa trae il parlare "…similmente a quello che accade agli angeli che …"essendo di una natura semplice e sonora… hanno una straordinaria mobilità congenere al suono, la loro natura aerea innamorata di canti li spinge sempre ad un suono incessante e penetrante "…E questa condizione di "acusticità" dell'anima, di conduttore del suono, per l'uomo medievale non riguarda solo l'uomo in sé, ma si estende a tutto il cosmo e a tutta la creazione: "Egli ha ordinato l'universo stesso, e la disarmonia degli elementi ha posto in sinfonia, facendosi del mondo intero un'armonia(3) …E questo canto puro, che regge l'universo e accorda gli esseri, dopo essere stato distribuito dal centro alla periferia e dalla periferia al centro, ha regolato l'insieme… secondo la paterna volontà di Dio che Davide cercò con ardore…(4) E l'insegnamento divino, il "logos" celeste è proprio questo canto puro che si rinnova incessantemente e lo si può cogliere attraverso l'orecchio, attraverso una particolare disposizione all'ascolto. Perché, proprio come afferma Boezio maestro e punto di riferimento per tutti quanti i filosofi e i teorici che si sono occupati della scienza musicale e per gli stessi "musicisti": "Agli insegnamenti non c'è altra via più aperta allo spirito che quella attraverso gli orecchi: poiché dunque attraverso questi i ritmi e i modi giungono fino al cuore, non si può dubitare che essi guidino e formino l'intelletto nella stessa giusta misura come essi sono"(5) …E riferendosi alla creazione, al cosmo enumera tre tipi di musica: quella mondana (la musica del macrocosmo), quella umana (la musica del microcosmo) e …"quella che è costituita da alcuni strumenti, come la cetra le tibie e gli altri, che servono alla melodia"…Mentre è chiaro il riferimento per la musica mondana al moto degli astri, ai fenomeni celesti e alla varietà delle stagioni e alla necessità di un'armonia musicale, di un suono che faccia in qualche modo da rispecchiamento acustico a tale ordine del creato, di un suono che "sebbene…non giunga al nostro orecchio"… è comunque una "necessità logica" della creazione, per la musica umana Boezio afferma che…"ciascuno che discenda in se stesso la intende"…Evidentemente, se si intende l'uomo come un microcosmo nel quale sono racchiuse tutte le saggezze della creazione, come un connubio armonioso di anima e corpo, basta "discendere in se stessi" per intendere questa musica.(6) E Santa Caterina da Siena ci parla di questa musica, una musica "etica" che si può avvertire quando le nostre facoltà interiori (la volontà, l'intelletto, la memoria) vengono indirizzate nella giusta direzione così che "…L'affetto dell'anima fa allora uno giubilo e uno suono, temperate e acordate le corde con prudenzia e lume; acordate tutte ad uno suono, cioè a lode e gloria del nome mio. In questo medesimo suono, che sonno acordate le corde grandi delle potenzie dell'anima, sonno acordate le piccole de' sentimenti e strumenti del corpo…Ogni membro lavora el lavorio che gli è dato a lavorare, ogniuno perfettamente nel grado suo: l'occhio nel suo vedere, l'orecchio nel suo udire, l'odorato nel suo odorare, il gusto nel suo gustare, la mano nel toccare e adoperare, e' piei nell'andare. Tutti s'accordano in uno medesimo suono: a servire il prossimo per gloria e loda del nome mio…"(7)
Anche nella pratica quotidiana è documentata per l'uomo medioevale…"una predilezione e un interesse diffusi per ogni cosa che produce suono"(8) …"Qualsiasi cosa che somigliasse alla musica li estasiava: il canto uniforme e piacevole dell'acqua piaceva a Philippe di Mézières come a Pierre d'Ailly, ed essi sapevano che Iafet aveva scoperto il primo strumento del mondo "par le son de l'aigue courant et par le vent des arbres". Alcuni cercavano di mettere a confronto la musica degli uccelli e quella degli uomini. In Gilles de Chin, Gerars si ferma, incantato dal cinguettio degli uccelli, e chiama due suonatori di viella perché eseguano, in risposta, un canto d'amore; Gilles de Chin, che sopraggiunge, teme di disturbarli, e rimane nascosto, attendendo la fine del dialogo…Secondo Chaucer, il gallo canta come il più festoso degli organi. Poteva essere certo di essere applaudito il giullare che sapesse imitare le voci della primavera e della foresta.(9)
Ma torniamo ancora un momento al nostro "fol berger" il quale "bayzan il chantat plus" e al passo di Gregorio Magno in cui accenna alla possibilità di una condizione dello jubilus che non si può manifestare attraverso il suono, ma che …"ben si vede per certi movimenti benché non si manifestino propriamente"…E' evidente il richiamo di ciò che per natura è antitetico al manifestarsi e al prodursi del suono, cioè il silenzio…Un silenzio che non sempre è contrapposizione, ma è anche attenzione per un evento sonoro che deve accadere, è anche lo "sfondo" necessario sul quale e attraverso il quale i suoni possano prendere vita e manifestarsi, è il silenzio di quanti si preparano ad ascoltare qualcuno che sta per cantare o suonare uno strumento.(10) Ma è anche il silenzio che esprime la condizione stessa dell'inesprimibile e come silenzio "significante" è rivelato da particolari movimenti che si accompagnano ad esso…E a questo proposito non possiamo fare a meno di riferirci a quanto riportano Fra Teodorico d'Apolda o Bartolomeo da Modena circa l'insegnamento di San Domenico, riguardo un modo di pregare dove…"l'anima fa uso delle membra del corpo per elevarsi più devotamente in Dio. In tal modo l'anima che dà il moto al corpo, è a sua volta dal corpo mossa, e talvolta è tratta in estasi come Paolo, talvolta in rapimento di spirito come David profeta"(11) …E elencando così nove modi, nove atteggiamenti di orazione così è descritto il rapporto che unisce il gesto e il silenzio all'inesprimibile…
"Altre volte, poi, parlava in cuor suo e la sua voce non si udiva affatto: allora rimaneva genuflesso, in quiete, allo stato di stupore. Restava così talvolta per molto tempo. Quando era in tale stato, sembrava che il suo intelletto penetrasse il cielo, e lo si vedeva trasfigurato di gaudio, tergersi le lacrime che scorrevano nel suo volto. E si accendeva di grande desiderio, come assetato che giungesse a una fonte, come pellegrini cui ormai fosse vicina la patria. E sorgeva pieno di vigore, e si muoveva con armonia e agilità, ora alzandosi, ora genuflettendosi…E con questo esempio, più col fare che col dire, insegnava ai frati"(12)
Note
1) Il "giubilo che non si può celare né manifestare con discorsi", secondo le parole di Ugo da san Vittore…[1096 -1141]. In particolare lo jubilus è un vocalizzo melodico, senza testo, espressione di pura contemplazione sull'ultima vocale di alleluia.
2) Gregorio Magno, (c.ca 540-604), Moralia, XXIV; 6, 10.
3) E secondo San Gregorio di Nissa è appunto Dio che genera la musica dell'universo e Massimo Confessore definisce l'universo come musica eseguita da Dio. In E. Winternitz, op.cit.
4) Clemente D'Alessandria, (193-211 d. C.), dal "Protrettico"; 5,1.
5) Severino Boezio, (c.ca 475-525), dal "De Institutione Musica".
6) " Come questo mondo si divide in sette toni e la nostra musica in sette voci, così la compagine del nostro corpo si congiunge in sette modi, poiché il corpo unisce quattro elementi e l'anima tre forze, che si concilia o naturalmente o con l'arte musicale. Perciò l'uomo è detto microcosmo, cioè mondo minore, essendo conosciuto come pari alla celeste musica per consono numero. Onorio di Autun (sec. XII), da "L'immagine del mondo".
7) Santa Caterina da Siena, (1347-1380),dal "Trattato della Providenzia".
8) André Pirro, "Idee sulla musica nella società medioevale", ed. Il Mulino, Bologna, 1986.
9) A.Pirro, ibidem.
10) Si vedano gli esempi riportati dalla letteratura medioevale, ad es. Perceforest o Decameron…
11) Anonimo sec. XIII, nella biografia di San domenico di Fra Teodorico d'Apolda.
12) Fra Teodorico, ibidem.
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