Nella vita "dobbiamo crescere" apprendendo delle risposte. (Alcuni, facendo ironia - ma che verità! - sostengono che quando si sono ben apprese le risposte ci vengono cambiate le domande). Molte di queste risposte, trasformate in abitudini rigide per proteggerci dal dolore, possono però impedire la nostra completezza e spontaneità.
Il nucleo delle nostre resistenze si forma con le prime abitudini che assumiamo per vivere. Già quando siamo feto assumiamo una posizione di chiusura, di protezione. Poi lo shock della nascita e successivamente i conflitti durante lo sviluppo infantile delle fasi orale, anale e genitale. Entro i primi tre, quattro anni abbiamo quasi completamente assunto le nostre posture caratteristiche: i nostri modi di evitare il dolore.
Questo nucleo con il tempo si rinforza sempre più e per proteggerlo costruiamo intorno ad esso una corazza protettiva. Il nucleo è la parte più resistente di noi, ma al tempo stesso la più vulnerabile. La scorza esterna che lo avvolge come una conchiglia ci consente nella vita di "rischiare di più", accompagnati però dalla sensazione di essere comunque internamente protetti.
Inconsapevolmente manteniamo questa separazione tra involucro e nucleo con forme e maniere diverse. E' facile che a livello fisico si sviluppino i muscoli più esterni, quelli che l'anatomia definisce "muscoli estrinseci". Sono i muscoli della locomozione che utilizziamo per correre, sollevare, lanciare. Facilmente questi muscoli esterni vengono sviluppati nella convinzione di poter superare i nostri problemi semplicemente attraverso la forza e il potere.
In questo processo vengono così soffocati i muscoli interni: quelli "intrinseci" che danno inizio e coordinano il movimento. Estremizzando otteniamo una superficie rigida e un nucleo soffice che ci portano ad essere muscolarmente nodosi e maldestri.
A livello emozionale
A livello emozionale potremmo ritenere che una sviluppata attività esteriore induca una sufficiente vita interiore. Diventando coscienti dello sviluppo eccessivo dell'involucro, ovvero della dura conchiglia che ci siamo creati, possiamo provare ad ammorbidirla lavorando gradualmente dall'esterno verso l'interno. A questo proposito, la strategia più frequentemente utilizzata nel lavoro corporeo profondo consiste nel decontrarre l'involucro per sensibilizzare il nucleo; si pensi allo sfogliare di una cipolla che, liberata dallo strato più superficiale, ci fa accedere agli strati più profondi.
Possiamo comprendere meglio questo approccio se osserviamo la conformazione del tessuto che viene manipolato. I muscoli sono avvolti in tessuto plastico chiamato "fascia" o "tessuto connettivo". Questa materia dà forma a un sistema costituito da strati di tessuto organizzato per guidare i nostri movimenti. Lo strato più esterno avvolge l'intero sistema come una grossa busta della spesa. Procedendo in profondità troviamo avvolgimenti individuali per ciascun muscolo.
Quando sviluppiamo schemi rigidi di comportamento, emozionale e fisico, il sistema delle fasce diventa meno flessibile restringendo la nostra possibilità di movimento e l'attitudine generale del corpo-mente. Normalmente si crede vincente, per ristabilire mobilità e bilanciamento ai muscoli, lavorare per ammorbidire e riorganizzare il sistema fasciale diventato rigido e incollato.
Bisogna lavorare sull'interno
Il fatto è che se si lavora sul corpo partendo dall'esterno, si trascura la propensione della nostra corazza a spostare le sue difese; il rischio è che la tensione liberata in superficie si sposti verso gli stati più profondi.
La comprensione del ritmo con cui l'individuo attraversa e assimila il cambiamento fa sì che l'integratore assista alla trasformazione contemporanea dell'involucro e del nucleo. Per esempio si comincia a spostare strati superficiali di tessuto facendo muovere muscoli intrinseci con un gentile basculamento delle pelvi, o brevi e muti movimenti della spina dorsale.
Ancora, lavorando sulla muscolatura estrinseca, e quindi sugli atteggiamenti e sentimenti esteriori, è molto probabile che si lavori simultaneamente l'interno. Pensiamo alla bocca che contiene alcune delle strutture più profonde, emozioni e attitudine del corpo.
Quindi più che vedere il corpo, il corpo-mente, come gli strati di una cipolla, è meglio sentire una massa plastica vibrante, in alcune parti meno viscosa che in altre, che si insinua dell'esterno all'interno e dall'interno all'esterno. Così quando viene toccata a qualsiasi livello o profondità, immediatamente risponde, comunicando il cambiamento a tutte le altre parti e dimensioni.
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