Il termine “simbolo” ha in comune la radice con il verbo “symballo” che significa mettere insieme.
In origine era il segno di riconoscimento formato dalle due metà di un oggetto spezzato che si accostano. Pur avendo sembianze materiali, è rappresentativo di un’entità astratta.
Oggi il simbolo è un tipo di segno, che risente dell’influsso della cultura in cui si inserisce (ad es. la croce nel cristianesimo).
E’ un elemento della comunicazione che esprime contenuti di significato ideale dei quali esso diventa il significante. Tale elemento, sia esso un segno, gesto, oggetto o altra entità, è in grado di evocare alla mente dell'osservatore un concetto diverso da ciò che il simbolo è fisicamente, grazie a una convenzione prestabilita o a un aspetto che lo caratterizza.
Anche le persone possono diventare dei simboli, come nel caso di Nelson Mandela per la lotta al razzismo, il Dalai Lama per la pace.
I simboli si possono suddividere in tre categorie:
- i simboli della natura intesa nella sua globalità
- i simboli della natura individuale
- i simboli delle forze presenti nella natura.
Inoltre, i simboli possono essere di due tipi:
- convenzionali, in virtù di una convenzione sociale;
- analogici, capace di evocare una relazione tra un oggetto concreto e un'immagine mentale.
Secondo Jean Travers:
“Il simbolo si scopre come un essere sensibile, avente consistenza propria, ma attraverso il quale si scorge una relazione di significato. Prima di significare, possiede già di per sé stesso la sua propria natura. Dapprima si presenta come un essere conosciuto per se stesso, e solamente dopo come un essere avente una relazione con un altro termine”.
Egli ribadisce un concetto espresso da Brunetière:
“Il simbolo è immagine, è pensiero. Esso ci fa cogliere, tra noi ed il mondo, alcune di quelle affinità segrete e di quelle leggi oscure che possono oltrepassare la portata della scienza, ma che non sono, per questo, meno certe. Ogni simbolo è in questo senso una specie di rivelazione”.
Secondo Freud il simbolo esprime una sorta di relazione che collega il contenuto manifesto di un comportamento al suo senso latente e meno percepibile. Ampia parte della psicoanalisi si fonda su tali aspetti.
Per Jung il simbolo è un fenomeno a carattere numinoso, energetico, radiante capace di influenzare la psiche conscia. portatori di un contenuto che non riesce ad essere espresso altrimenti.
Nella sua concezione il simbolo non è nè un’allegoria, nè un semplice segno, ma un’immagine adeguata a indicare il meglio possibile la natura oscuramente intuita dello spirito. Il simbolo, dal suo punto di vista, non spiega nulla, non contiene nulla, rinvierebbe semplicemente al di là di se stesso, verso un senso ancora al di là, inafferrabile, oscuramente presentito, che nessuna parola di una lingua che noi parliamo potrebbe esprimere adeguatamente.
I simboli restano vivi finché sono densi di significato. Nel momento in cui lo hanno dato alla luce, cioè è stata trovata quell’espressione che formula la cosa ricercata, attesa o presentita ancora meglio del simbolo in uso sino a quel momento, il simbolo muore. I simboli in questo caso conservano ancora soltanto un valore storico.
I simboli possono avere diverse funzioni:
- esplorativa, che implica qualcosa di vago, sconosciuto, nascosto per noi, al di là di ciò che la ragione può cogliere. Gli archetipi a cui essi rimandano vanno ben oltre l’immaginazione;
- mediatrice, secondo la quale essi uniscono cielo e terra, materia e spirito, natura e cultura, reale e sogno, inconscio e coscienza. Alle forze centrifughe di uno psichismo istintivo portato a disperdersi nella molteplicità delle sensazioni e delle emozioni, i simboli contrappongono una forza centripeta, stabilendo un centro di relazioni al quale il molteplice si riferisce e in cui si trova la sua unità;
- trascendente, intesa come la capacità di collegare e armonizzare i contrari. Il simbolo può stabilire una connessione tra due forze antagoniste e, di conseguenza, permette di superare delle contrapposizioni e di aprire così la strada a un progresso della coscienza.
Per Roberto Assagioli i simboli, se non presi alla lettera, ma interpretati correttamente, sono evocativi e suscitano la comprensione intuitiva diretta. Essi mettono in luce delle essenziali corrispondenze analogiche fra mondo esterno e mondo interno, fra macro e microcosmo.
I simboli, quindi, nel complesso hanno forte valore introspettivo e trasformativo interiore.
Per interpretare correttamente i simboli è sempre bene tener presente che da un lato posseggono un significato ampio e spesse volte transculturalmente condiviso, dall’altro vantano anche la presenza di investimenti soggettivi. Ad esempio, il fuoco viene generalmente riconosciuto come simbolo di forza, energia, creatività, passione, ma per una persona che svolge la professione di vigile del fuoco esso può essere magari più associato al pericolo, alla perdita, alla sofferenza in generale. In genere l’investimento soggettivo è molto più forte rispetto a quello universale. Ignorarne la presenza porta a gravi errori interpretativi.
Nella vita quotidiana si incontrano numerosi simboli, alcuni più enigmatici, altri più convenzionali (ad es. la stretta di mano per suggellare un accordo). Ogni simbolo contiene aspetti speculativi e operativi in diversa quantità, caratteristica che rispecchia la duplice tensione umana da una parte a salire verso l’alto, dall’altra a manifestarsi operando. Ogni separazione in tal senso risulta artificiosa e contro natura.
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