Il valore che è stato attribuito ai sogni e la spiegazione sulla loro origine e sulle loro varie funzioni rientra in un percorso complesso che, alle varie latitudini, si è intrecciato inevitabilmente con le coordinate di sviluppo del pensiero religioso, di quello filosofico e di quello scientifico.
Nell’Occidente, in epoca relativamente recente, cioè a partire dal ‘600, il dato più significativo è costituito dall’affermarsi di una separazione netta tra metafisica escienza : il punto di svolta è il “Cogito, ergo sum” di Cartesio (‘600), che ha portato il filosofo a sostenere la sostanziale diversità ed estraneità della res extensa (la materia) rispetto alla res cogitans (la mente, il pensiero) e a supportare l’estremizzazione del dualismo spirito-materia. E’ a partire da questa presa di posizione che l’uomo occidentale si è identificato prevalentemente con la propria mente razionale a cui attribuisce il compito di controllo su ciò che è fisico e non razionale. Tutto ciò che è fisico è stato studiato, da allora, con il “metodo scientifico” – di matrice galileiana – in cui la conoscenza empirica e l’esperimento si combinano con le regole della matematica. Gli sviluppi della Fisica classica, legati al nome di Newton e ad unentourage scientifico che considerava ormai la materia come inerte, e le conquiste scientifiche e tecnologiche rese possibili con ritmi via via più accelerati, hanno consolidato una concezione meccanicistica del mondo che è possibile studiare con scienze sempre più specialistiche. Le modalità di funzionamento del pensiero razionale, che procede per successive scomposizioni, misurazioni e classificazioni, sono state identificate tout court col pensiero e la mente; sullo sfondo di una logica causa/effetto, di un tempo lineare e di uno spazio tridimensionale, la conoscenza scientifica è stata considerata la Conoscenza della Realtà.
Il resto è ignoranza, superstizione o roba da circoli esoterici. Insomma la cultura scientifica occidentale ha privilegiato la parte sinistra del cervello – quella che funziona secondo criteri logico-analitici – tipici delle capacità verbali e matematiche.
Nell’Oriente, all’opposto, l’importanza dello sviluppo materiale e della conoscenza della natura è stata subordinata al primato dell’unità, della coesistenza degli opposti, della ricerca dell’armonia. La cultura orientale ha privilegiato l’emisfero destro, che funziona secondo limitate capacità verbali, ma è specializzato nella sintesi, si esprime con simboli e metafore e opera sulle informazioni che riceve in maniera analogica così da pervenire a conclusioni e certezze senza che siano evidenti e dimostrabili “scientificamente” le relazioni tra le cose. Secondo questo approccio, non tutta la conoscenza è esprimibile a parole, anzi la conoscenza essenziale è assolutamente ineffabile. Le contraddizioni apparenti non si superano sempre con la dialettica, cioè con la logica formale, ma con l’intuizione. Per il pensiero orientale, in cui permane una combinazione inscindibile di religione, filosofia e psicologia in senso lato, il mondo materiale, con le sue varietà e suddivisioni, è Maya, illusione. “Quando la mente è turbata, si produce il molteplice; ma il molteplice scompare quando la mente si acquieta” (Asvaghosa).
Fatta questa premessa, il paradosso culturale che colpisce attualmente in Occidente è che permane nel pensare e nel vivere comune, ma anche negli ambienti scolastici e accademici, uno sfondo scientifico che la stessa Fisica moderna, a partire dagli inizi del ‘900, ha messo in discussione operando una rivoluzione di “parametri” scientifici: la Teoria della relatività e la Fisica Quantistica, e la ricerca recente che da esse si sta sviluppando, fanno emergere un quadro in cui si prospetta anche per il pensiero occidentale una ipotesi di unificazione e di interdipendenza tra i vari livelli della materia e tra i vari fenomeni, tra fisica quantistica e quello che si intravede sulla coscienza (Fred Alan Wolf, docente di fisica all’Università di San Diego - CA). Per il fisico moderno, come per il mistico orientale di almeno duemila anni fa, man mano che si scende al livello sub-atomico della realtà, emergono livelli insospettabili meno di un secolo fa, livelli che sembrano appartenere ad altri mondi: il fenomeno tunnel, l’inversione del nesso causa-effetto, le interconnessioni a distanza, il comportamento di oggetti atomici a volte come onde e a volta come corpuscoli - pare a seconda che il fenomeno sia osservato o meno – pongono quesiti sulla natura della realtà che si può cogliere a vari livelli di scienza e a vari livelli e stati di coscienza. Emerge, cioè, una profonda connessione tra fenomeni fisici e biologici, con particelle della materia che non sono più “mattoni” inscindibili, ma insiemi di relazioni: ciò fa parlare Capra di una “danza cosmica” (Tao della Fisica) come di una metafora che allude sia alla percezione mistica della realtà sia alla condizione della scienza moderna. Certamente le due cose obbediscono a regole diverse, se non opposte: la prima si basa su uno stato particolare di coscienza in cui l’individuo percepisce la realtà, come accennavamo sopra, in modo intuitivo; la seconda su regole di rigore e controllo da parte della comunità degli scienziati. Ma questa prevedibile coincidentia oppositorum non è la prova che occorre ri-comporre una unità di scienza e sapienza?
E cosa c’entra tutto questo con i sogni? Perché questa lunga, seppur sintetica e semplificativa, digressione sulle differenze di percorso culturale tra Occidente ed Oriente? Siamo convinti che il lettore coglierà l’importanza del quadro ogni volta che si troverà di fronte al significato attribuito ai sogni e alle diverse tecniche riguardanti lo studio dei sogni, la possibilità di influenzarli e i loro legami con la vita da svegli.
I sogni : la religione, l’arte, la conoscenza
I sogni hanno segnato e attraversato non solo la vita personale di uomini comuni, ma anche e soprattutto di profeti, condottieri, poeti, artisti e scienziati di tutti i tempi:
- i sogni incaricano Mosè di guidare il popolo eletto da Dio, rassicurano Giuseppe sulla verginità di Maria, anticipano le carestie bibliche e ispirano l’Apocalisse di Giovanni;
- i sogni annunciano agli uomini i piani degli Dèi nell’Iliade e nell’Odissea;
- un sogno della moglie mette in guardia inutilmente Cesare del pericolo di andare all’assemblea del Senato in cui di fatto trovò la morte per mano dei congiurati Bruto e Cassio;
- un sogno di Maometto dà inizio al Corano, il testo sacro della religione musulmana;
- il sogno di Brama, più a est, dà inizio alla mitologia induista;
- un sogno reale o metaforico contrassegna l’inizio del capolavoro della letteratura italiana, la Commedia di Dante;
- sui sogni è costruita la drammaticità di personaggi famosi di Shakespeare (Ofelia), di Alfieri, di Manzoni (Don Rodrigo), di Dostoevskij; e il sogno è lo stato in cui , secondo i surrealisti dei primi decenni del secolo scorso, è possibile cogliere e rappresentare il mistero della realtà;
- i sogni sembrano aver svolto una funzione “creativa” essenziale nel risolvere alcuniimpasse di scienziati noti: tre lunghi e tormentosi sogni hanno accompagnato Cartesio, nel 1619, nell’elaborazione del “Discorso sul metodo” (Freud, poi, considerò questo tipo di sogni come sogni dall’alto per connotare la natura spirituale dei bisogni da cui essi sono alimentati); è ancora attraverso un sogno che lo scienziato Kekule vide e, poi, da sveglio rappresentò la struttura molecolare del benzene; persino la Teoria della relatività è stata influenzata dall’incubazione che ne ha fatto il grande Einstein.
E gli esempi potrebbero continuare in ciascuno dei campi toccati.
Il primo documento antico sui sogni in un’area geografica non molto lontana da noi si può rintracciare nel poema epico del Gilgamesh (Mesopotamia) di circa 5.000 anni fa: da allora non solo si è discettato sull’origine dei sogni, ma anche sulle loro funzioni, sul loro significato e sulle competenze e il ruolo che ha chi si assume il compito di interpretarli.
Due sono le posizioni che riguardano le antiche credenze sull’origine dei sogni: gli Egiziani antichi credevano che essi provenissero dal mondo divino, avevano perciò una grande considerazione per chi esercitava la divinazione e usarono i sogni per curare (la medicina onirica). Lo studio attento del materiale onirico li portò anche all’elaborazione di uno dei primi dizionari sul tema, il “Libro dei sogni ieratico”. Tracce di questa tradizione terapeutica si trovano anche tra gli Indiani d’America fra i quali animali di vario tipo - serpenti, uccelli,… – che popolano i loro sogni indicano i rimedi per curare malattie fisiche, rimedi che essi poi utilizzano nella pratica concreta.
Per gli antichi Babilonesi il sogno era una specie di viaggio notturno nell’aldilà e serviva all’uomo per trovare vigore ed energie che gli davano la saggezza necessaria ad affrontare la vita di tutti i giorni. La scienza che si occupava dell’interpretazione dei sogni era chiamata “oneirocritica” e i volumi che ne descrivevano i metodi ebbero un posto di rilievo nella famosa Biblioteca di Ninive.
Si colloca su una posizione opposta, invece, chi anche nell’antichità non manca di intuire che l’origine dei sogni vada da ricercare nella mente umana, come Eraclito (V sec. a.C.). Sulla stessa scia , Platone (V sec. a.C.) riteneva che i sogni fossero una manifestazione della parte dell’uomo che si tiene segreta perché fatta di “appetiti” che il filosofo definisce “tremendi, selvaggi e contrari alla legge” (l’Ombra di Jung ante litteram!). I sogni sono riportati sin da allora a quello che di volta in volta viene chiamata anima, mente, psiche, coscienza,… Le posizioni di filosofi e scienziati di allora, come Platone, Aristotele o Eraclito, andavano in una direzione in cui la speculazione del pensiero introduceva elementi di analisi critica nella tradizione: ma il sentimento religioso del popolo continuava ad alimentare l’antica credenza che i morti conoscessero il futuro, e perciò sognare i morti in molti casi poteva portare allapremonizione di ciò che ancora non si era avverato (oniromanzia); e inoltre mettersi nelle condizioni prescritte dai riti per sognare il dio di un tempio, cioè incubare un sogno, era il metodo migliore per guarire da malanni o trovare soluzione ad un problema complesso.
La prima raccolta e catalogazione dei sogni – potremmo parlare di un primodatabase – di cui abbiamo notizia risale a qualche secolo più tardi, ad Artemidoro (II sec. a.C.) che arriva ad operare una distinzione tra sogni oracolari di natura divina, sogni simbolici, visioni diurne, fantasie ed incubi.
Nel nostro Medio Evo è continuata la tradizione dell’analisi delle visioni e dellapratica divinatoria legata ai sogni che venivano collegati alla posizione degli astri nel momento in cui si formava il sogno; una pratica che la Chiesa ha avversato duramente, considerandola magia e stregoneria che essa doveva combattere con ogni mezzo perché nocive alla religione “giusta”. Dopo averla messa fuori legge con il Concilio di Antiochia, la Chiesa la combatté con le sue stesse armi: il “Malleus Maleficarum” (Il maglio delle streghe -1486) fu il libro–strumento usato dall’Inquisizione per condannare a torture e a morte crudelissima chi, soprattutto donne, ma anche diversi, bambini e persone dotate, faceva sogni inaccettabili per l’ortodossia e veniva riconosciuto colpevole di eresia senza prove d’appello.
In età rinascimentale viene ripresa la tradizione “naturalistica” di Aristotele e Galeno, il sogno viene collocato definitivamente nell’attività della mente e nel funzionamento del cervello alla cui anatomia e studio sperimentale dà un impulso eccezionale il grande scienziato che fu Leonardo Da Vinci. Sarà comunque l’affermarsi della mentalità razionalista dal ‘600 in poi – che prosegue con l’ “età dei lumi” nel ‘700 e col il Positivismo nell’ ’800 – che relegherà l’interesse per i sogni in un ambito di natura fisiologica che allora era ritenuta di poco peso nel funzionamento del pensiero. L’attività onirica, considerata ormai scarto della coscienza, rimarrà per un periodo di tempo un campo di indagine marginale per la scienza che si occupa di altro.
E’ per questo motivo che la pubblicazione dell’opera di Freud “L’interpretazione dei sogni” (1899) fu un vero e proprio scandalo per molti versi, uno scandalo che rivitalizzò il dibattito teorico sui sogni costituendo uno spartiacque di indubbio valore euristico nella cultura occidentale.
Se ora volgiamo lo uno sguardo alle tradizioni culturali del versante più orientale del globo, al di là delle ovvie differenze, troviamo che il percorso della conoscenza non passa affatto per le “scienze positive” e i processi razionali come dicevamo in apertura: in India si ritiene che ci si può avvicinare alla vera realtà solo superando il funzionamento della “mente cosciente” e arrivando a conquistare, con una pratica costante che si impara dai Maestri, uno stato meditativo e contemplativo della mente che è molto vicino a quello del sogno. Ancor prima che da noi gli studi sperimentali di neurofisiologia del ‘900 lo scoprissero per altra via, il sogno in queste culture era già considerato un’attività che si verifica tra il sonno profondo e la veglia: è durante lo stato di sogno che si plasmano le forme virtuali, o immagini dei sogni, che vengono considerate proiezioni di se stessi. Pertanto lo stato onirico – cosa impensabile per un occidentale, a meno che non lo si limiti all’esperienza artistica – è un vero e proprio strumento di conoscenza. I sogni possono persino pre-annunciare, in modo più o meno simbolico, il momento in cui un organo si ammala: si tratta di segnali che la coscienza da svegli spesso non è in grado di cogliere ma che lo stato di sogno amplifica e rende disponibili per il soggetto che si è educato ad entrare in contatto col proprio mondo interiore. La medicina taoista e ayurvedica possono insegnarci a far parlare l’organo che, a quanto pare, può influenzare la natura del sogno…
Prima di chiudere questo intervento che delinea lo sfondo di massima in cui si colloca l’importanza attribuita ai sogni, tra le tecniche più interessanti a cui vogliamo accennare c’è lo “Yoga del sogno” (Dream Yoga). Si tratta di un’antica pratica di meditazione basata sulla convinzione che, attraverso il controllo dei sogni si realizza ilcontrollo della mente.
Nel Buddismo tibetano il processo che aiuta ad acquisire questo tipo di controllo è una preparazione dell’uomo alla morte: come si passa dalla veglia al sonno e al sogno, così si passa gradualmente dalla vita alla morte. Tutto questo si impara. La pratica insegna come regolare il sonno attraverso tecniche di rilassamento, come ricordare il sogno quando ci si sveglia, come si può sognare “lucidamente” – cioè acquistando coscienza di sognare e disidentificandosi con ciò che la mente sta elaborando nel sogno - , come intervenire a modificare ciò che avviene nel sogno e, la cosa più complicata, come superare l’illusione del sogno.
Il primo passo per l’apprendista che segue le indicazioni del “Libro Tibetano dei morti” – che Jung conobbe molto bene - consiste nell’imparare a generare il “calore psichico” (per esempio asciugare, col calore prodotto intenzionalmente nel corpo, dei panni bagnati in acqua ghiacciata): quando egli ha imparato a produrre questi effetti, egli si convince che il suo corpo è solo un’illusione creata dalla sua mente. Ciò può sembrare inaccettabile a prima vista, ma noi tutti sappiamo che ci sono innumerevoli modi di fare esperienza dello stesso evento: nessuno è giusto in assoluto. Dire che il corpo (il mondo) è un’illusione è probabilmente un modo di dire che ci sono molti modi di vedere le cose: tutto dipende dallo sguardo di chi vede. E forse possiamo imparare a produrre lo stato interiore che determina le nostre percezioni, come dice Patricia Garfield (Creative Dreaming), una nota studiosa americana di sogni. Se le percezioni da svegli e i sogni da dormienti sono prodotti dalla sua mente, “illusioni”, l’apprendista può man mano arrivare ad esperire che tutto nell’Universo fa parte di un Sogno Supremo, il sogno di Budda. Quando Budda si sveglia, il suo sogno (la sua creazione) finisce. E il discepolo è una piccola parte di questo grande sogno: solo quando avrà raggiunto piena consapevolezza di ciò, egli è pronto per vivere l’esperienza del Nirvana.
Per comprendere fino in fondo lo stato del sogno egli deve imparare a mantenere la stessa continuità di coscienza tra la veglia e il sonno: ciò è possibile praticando uno speciale metodo di respirazione e potenziando la visualizzazione a partire dalla concentrazione su un punto del suo corpo posto tra le sopracciglia. L’esercizio aumenta la probabilità che i pensieri su cui egli è concentrato ritornino nei sogni. Anzi, se c’è un sogno ricorrente che lo disturba, egli deve meditare su di esso con la decisione di volerne capire la natura. Questa coscienza , o “lucidità”, gli permetterà man mano diintrodurre tutti i cambiamenti che desidera nei suoi sogni, a partire dall’abbandono della paura ingenerata da certe immagini, che egli impara a riconoscere come le sue forme-pensiero. Acquisito che i sogni sono illusioni e imparato a meditare sulle immagini che compaiono in essi, egli può arrivare ad uno stato della mente in cui non ci sono pensieri e proseguire nel Cammino alla fine del quale ottiene uno stato privo di sogni, ovvero privo delle illusioni sia della veglia che del sogno. Da allora potrà procedere sullo stato del dopo-la-morte fino a potersi liberare dalla necessità della reincarnazione.
Certo la cultura orientale ha una storia e dei quadri di riferimento molto diversi dai nostri ed esige, per raggiungere obiettivi come quelli appena descritti, una disciplina non comune anche per chi fa parte di quelle tradizioni. Ma, senza voler banalizzare consumisticamente insegnamenti di indubbia validità, possiamo percorrere una strada in cui, riconosciuto che le immagini dei sogni sono le nostre stesse forme-pensiero, appreso a diventare in parte lucidi durante i sogni, potremo essere liberati dalle paure che in alcuni di essi sperimentiamo ed essere più liberi di usare i nostri sogni per finalità creative e terapeutiche.
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