Carissimo Sebastiano,
riprendo con questa mia lettera il discorso iniziato a novembre e proseguito con la lettera di Dicembre, ringraziandoti ancora una volta della cortese ospitalità offertami da “Erba Sacra”.
Abbiamo visto nei precedenti interventi come il lavoro di un artista non sia molto diverso dal lavoro quotidiano di tanti uomini e come esso necessiti di una tecnica specifica per essere svolto efficacemente. Tale tecnica (Stile o linguaggio) deve essere duttile, deve permettere all’artista la più totale libertà espressiva controllata però da un suo proprio rigore formale e dalla coerenza della sua particolare sintassi.
Chiarito ciò siamo pronti ad affrontare il terzo tratto della nostro percorso.
rascuriamo gli elementi prettamente materiali (tele, pennelli, cavalletto, diluenti, colori ecc.) tipici delle varie tecniche pittoriche e vediamo invece di quali strumenti dispone il pittore per realizzare la propria opera, ovvero domandiamoci attraverso quali elementi l’artista concretizza il proprio stile.
Tali elementi sono essenzialmente due : la forma ed il colore.
La forma sta al dipinto come la sintassi e la grammatica stanno alla scrittura, o la melodica e la metrica stanno alla musica. Non esiste sintassi e grammatica senza scrittura come non esiste scrittura senza sintassi e grammatica.
I due elementi (forma e colore) in realtà possono essere distinti solo per via teorica mentre nell’opera d’arte trovano sempre una perfetta integrazione:
“Il disegno ed il colore non sono affatto distinti. Man mano che si dipinge, si disegna. Più il colore diventa armonioso, più il disegno si fa preciso.”
(Paul Cèzanne)
Una pittura è soprattutto forma, in essa, nella forma, si realizza la magia della comunicazione emotiva, si concretizza e “prende forma” il messaggio.
Il solito Van Gogh ad esempio così dichiara :
“Ma si tratta soltanto di una questione di colore, mentre, al punto in cui sono, ciò che per me soprattutto conta è la questione della forma. Credo che il modo migliore per esprimere la forma sia una coloritura quasi monocroma, i cui toni differiscano soltanto per intensità e valore: La fonte di Jules Breton, per esempio, è dipinta pressoché in un unico colore. Ma conviene studiare a parte ciascun colore in rapporto con la sua antitesi, prima di essere assolutamente sicuri di ciò che si fa e di poter raggiungere l'armonia.”
(Van Gogh - Nuenen, aprile 1884)
Il colore integra la forma e nelle opere di qualità e più riuscite partecipa inscindibilmente alla sua definizione. La forma crea l’insieme ed il ritmo della composizione, il colore approfondisce accentua ed esalta tale ritmo. Alcuni pittori, in base alla loro specifica sensibilità, vocazione linguistica e alla tecnica che possiedono (lo stile), prediligono il disegno e quindi usano il colore come un complemento della composizione mentre altri basano sul colore tutta la propria espressività formando l’immagine direttamente con esso.
Ed è ancora Van Gogh a ricordarcelo:
“Ho deciso adesso, per partito preso, di non tracciare mai più un quadro col carboncino. Non serve a nulla: bisogna attaccare il disegno con il colore stesso, per disegnare bene.”
(Van Gogh - Arles, settembre 1888)
Nei medesimi anni un altro pittore affrontava, attraverso percorsi diversi, e con diversa sensibilità, le medesime problematiche, criticando la separazione tra forma e colore, che nell’opera d’arte devono trovare sempre una sintesi profonda:
“Come i cantanti, così anche i pittori talvolta stonano, il loro occhio non ha armonia.
Più tardi si forma con lo studio tutto un metodo di armonia, a meno che non ci se ne preoccupi affatto, come avviene nelle accademie e, nella maggior parte dei casi, negli ateliers. Infatti lo studio della pittura è stato diviso in due categorie: prima si impara a disegnare e poi a dipingere, che è quanto dire che si dovrà colorare entro un contorno già preparato, come nel caso di una statua che poi venga dipinta.
Confesso che finora ho capito una cosa sola di questo esercizio, e cioè che il colore è ormai soltanto un accessorio. Caro signore, deve disegnare bene, prima di dipingere. Questo ci si sente dire con tono dottorale, e del resto tutte le grandi sciocchezze si dicono sempre così.”
(Gauguin – Notes synthètiques, 1890)
“Ma quando si arriverà a capire che l’esecuzione, il disegno e il colore (lo Stile) devono essere in accordo con il poema? I miei nudi sono casti senza vestiti. A che cosa attribuirlo dunque, se non a certe forme e a certi colori che si allontanano dalla realtà?”
(Gauguin – Tahiti, luglio 1891)
A questo punto è evidente che non esiste tra le due strade una migliore (forma o colore) per ottenere il risultato! Tutto è relativo alla coerenza della composizione stessa e del linguaggio figurativo dell’artista.
Ciò che veramente conta in un’opera d’arte è infine solamente il risultato.
Affrontiamo ora il problema conseguente: a cosa tende questo lavoro dell’artista, questo suo tenace sperimentalismo, questa ricerca alle volte disperata e disperante, questo impegno di studio e applicazione per formare e perfezionare una tecnica personale, direi tagliata a misura, e alla fine un proprio stile?
La risposta è ovvia: questo lavoro serve per poter esprimere, esplicitare, comunicare qualcosa.
“Esprimere l'amore di due innamorati con un matrimonio di due complementari, la loro mescolanza e i loro contrasti, le vibrazioni misteriose dei toni ravvicinati. Esprimere il pensiero di una fronte con la radiosità di un tono chiaro su un fondo scuro.
Esprimere la speranza con qualche stella. L'ardore di un essere con un'irradiazione di sole calante. Non si tratta certo del 'trompe-I'oeil' realistico, ma non è forse una cosa che esiste realmente?”
(Van Gogh. - Arles, settembre 1888)
“II cipresso è così caratteristico del paesaggio provenzale, e Lei lo sentiva quando diceva: "persino il colore nero". Fino ad ora non ho potuto renderli come li sento: le emozioni che mi assalgono davanti alla natura vanno in me fino allo svenimento, e ne deriva allora una quindicina di giorni durante i quali sono incapace di lavorare. Eppure, prima di partire di qui, conto di tornare ancora una volta alla carica per attaccare i cipressi.”
(Van Gogh. - Saint-Remy, febbraio 1890)
La pittura deve diventare espressiva, deve poter trasmettere e comunicare con il fruitore, entrare in contatto con la sua sensibilità ed interiorità. La felicità di un’opera d’arte è tutta nella sua capacità di comunicare con noi, di coinvolgerci spiritualmente e di sorprenderci evidenziando al nostro spirito realtà da noi trascurate, sentimenti dimenticati, misteri solo intuiti. Senza la comunicazione l’opera d’arte non esiste, l’artista fallisce il suo scopo, il suo compito. L’artista come la storia ce lo restituisce, non risulta mai, a parte come colui che crea, ma piuttosto come colui che trasmette, che riferisce, che rende visibile.
L’artista che non comunica ma necessita di interpreti è meglio che cambi mestiere perché oltre ad aver fallito nel suo impegno risulta inutile per la comunità.
Il prossimo passo del nostro cammino ci porterà ad indagare attraverso quali antenne l’artista percepisce il messaggio da trasmettere. E vedremo come il lavoro e lo stile divengano impegno e obbligo morale.
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