Arte e creatività svolgono un ruolo fondamentale nell’ambito dell’evoluzione infantile, eppure, per molti versi, entrambe sembrano essere oggetto di scarso interesse da parte delle istituzioni. All’interno dei programmi educativi scolastici, le discipline artistiche appaiono infatti collocate in secondo piano rispetto alle altre e innegabilmente, si continua a difendere la presunta preminenza dell’area cerebrale sinistra – quella del raziocinio – rispetto a quella destra – epicentro emozionale e creativo.
Tuttavia, da parte di alcune istituzioni, attualmente, qualcosa di nuovo si sta muovendo in questo senso, ovvero, nell’ottica dell’interdisciplinarietà delle competenze scolastiche, l’arte e l’educazione al bello, iniziano a farsi avanti in vari progetti educativi scolastici.
In effetti, ripercorrendo la storia del pensiero filosofico e pedagogico, emerge un sottile fil rouge che collega la pratica di attività artistiche alle abilità comunicative e allo sviluppo fisico-cognitivo-emotivo durante l’infanzia.
Numerosi studi sembrano infatti dimostrare che, fin dai primissimi anni di vita del bambino, l’arte contribuisce a migliorarne le capacità espressive, a favorire l’apprendimento logico – matematico e linguistico, a rafforzare la consapevolezza di sé, a liberare le potenzialità creative insite in esso. In definitiva, praticare l’attività artistica, sembra essere determinante, al fine di contribuire all’evoluzione interiore dell’individuo.
Avvicinare i bambini al mondo dell'arte, ai suoi linguaggi, alle sue tradizioni e alle sue molteplici sfaccettature, implica non solo una conoscenza della materia, ma anche la capacità di pensare e applicare strumenti, metodi e tecniche che tengano conto delle peculiarità individuali, dei livelli di apprendimento e delle potenzialità creative dell'utenza.
Il filosofo Nelson Godman affermava che: “Le arti devono essere prese in considerazione seriamente in quanto modalità di scoperta, di creazione, di ampliamento della conoscenza”.
Una pedagogia dell'arte non può ignorare tale principio, il quale, implica che il compito dell'educatore non è solo quello di introdurre il bambino nel mondo dell'arte, ma anche tenere conto nella maniera più adeguata, che esiste il mondo dell'arte nel bambino.
La relazione educativa si pone quindi al centro della pedagogia artistica, e tale relazione deve per necessità essere creativa, vale a dire, includere in essa la consapevolezza del funzionamento dei processi creativi, che può essere appresa solo attraverso una sperimentazione in prima persona.
L'educatore artistico, dovrà accompagnare i bambini in questa sperimentazione, costruendo insieme a loro codici e linguaggi, e stimolando un atteggiamento riflessivo, rispetto alle forme espressive sperimentate. Tale atteggiamento, permetterà di accostarsi in modo consapevole alle arti nelle loro tradizioni consolidate, instaurando un dialogo con esse.
“Il bambino ha cento lingue, cento mani, cento pensieri”: Loris Malaguzzi – pedagogista e insegnante - sintetizzava in questo modo, il fondamento della sua pedagogia creativa, quindi, incoraggiare la tendenza spontanea del bambino a sperimentare con tutte le possibili forme espressive. Nelle diverse fasi del suo sviluppo, il gioco infantile è sempre presente, e attraversa, benché in modo embrionale, l'intera gamma delle arti.
Per lavorare sui processi creativi, l'educatore artistico dovrà fare affidamento non solo sul proprio sapere teorico e sulle tecniche acquisite, ma anche e soprattutto dovrà conoscerli dall'interno, attraverso esperienze formative che lo mettano in contatto con la propria dimensione creativa.
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