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Alimentazione

Intolleranze alimentari

A cura di Rocco Carbone

L'esistenza di un legame tra ciò che si mangia, lo stato di salute e lo sviluppo di alcune malattie è riconosciuta fin dall'antichità.

Ippocrate (460-370 a.C.), osservò per primo l’esistenza di una correlazione tra l’assunzione di cibo e alcune manifestazioni patologiche come l'orticaria e la cefalea, è l’importanza di una sana e corretta alimentazione che descrisse col seguente aforisma: "Lascia che il cibo sia la tua medicina, e la medicina sia il tuo cibo".

Anassagora (475 a.C.) sosteneva che l’uomo, attraverso il cibo assorbiva dei “principi generativi" necessari al funzionamento del corpo umano, quest’osservazione fu la prima intuizione dell’esistenza dei principi nutritivi e della biochimica.

Successivamente, Galeno (131-210 d.C.) è stato un medico greco antico, i cui punti di vista hanno dominato la medicina occidentale per tredici secoli, fino al Rinascimento, quando cominciarono lentamente e con grande cautela a essere messi in discussione, per esempio dall'opera di Vesalio. Introdusse alcune formule per la cura di malati che manifestavano reazioni avverse agli alimenti.

Porfirio (232-305 d. C.) racconta nella “Vita di Pitagora” che il matematico ammoniva i suoi discepoli a non mangiare fave e ad escluderle dalla dieta. Infatti, il favismo è un deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PDH), enzima chiave della via dei pentoso fosfati. La carenza di enzima G6PDH costituisce il difetto enzimatico più comune nella specie umana, provocando l’anemia emolitica.

Dei periodi successivi si conosce ben poco e poco è stato documentato, fino agli studi e sperimentazioni di Theophrast Bombast von Hohen-heim (detto Paracelso) (1493-1541 d.C.), medico, naturalista e filosofo svizzero. Paracelso, vissuto in un’epoca cruciale e di notevoli cambiamenti nella storia del mondooccidentale, quando il Rinascimento iniziava a collocare l’uomo al centro di ogni interesse, studiò i segreti dell’uomo in rapporto al cosmo e fu il creatore della filosofia dell’uomo integrale, latente in ogni persona.

Scrisse undici trattati sull’origine, le cause, i segni e la cura delle singole malattie. Egli attribuiva a cinque causeprincipali l’insorgenza della malattia: Ens Astrale, Ens Venenale, Ens Naturale, Ens Spirituale, Ens Deale.

Per restare nel tema delle tossine secondo Paracelso l’Ens Venenale è causata dalle impurità. Infatti, Paracelso descrive: vi sono impurità che entrano nel nostro corpo sotto forma di cibo solido e che non seguono il naturale processo di estromissione dal sistema che seguono le parti non utilizzabili dal processo individuale. Lo stesso può avvenire anche per i cibi liquidi, per ciò che è inalato con l'aria che respiriamo, ciò che è assorbito dalla pelle.

È stupefacente leggere questa definizione in cui, ai tempi della sua definizione, non vi era conoscenza del metabolismo e della biochimica, quindi, possiamo definire Paracelso il padre, oltre che della farmacologia, riconosciuto con i suoi lavori e l’aforisma sola dosis facit venenum, anche il precursore del concetto di intolleranze alimentari e reattività individuali agli alimenti e alle sostanze chimiche.

Prima di proseguire, invito ad accedere al video di presentazione del corso di Nutrizione e Intolleranze alimentari di Erba Sacra

Lo sviluppo delle conoscenze sulle intolleranze alimentari vanno di pari passo con le conoscenze più generali dell'allergia e dell'immunologia che si sviluppò alla fine dell'Ottocento, con lo studio delle malattie infettive e delle relative vaccinazioni.

La correlazione tra cibo e salute ricompare nella medicina, soprattutto nell'area anglosassone, con la pubblicazione di F.W. HareThe Food factor in disease, del 1905, in cui sostiene l’ipotesi che molte malattie potevano es-sere causate dalla presenza di intolleranze alimentari.

Nel 1906 fu utilizzata per la prima volta la parola allergia dal pediatra viennese Von Pirquet, definendola: un'alterata capacità acquisita e specifica dell'organismo a reagire a sostanze estranee presenti nei tessuti cutanei. Descrivendo le ipersensibilità (allergie) ai vaccini dei virus, ai pollini, alla polvere ecc., ma nulla dal punto di vista alimentare.

Nel 1922 W.R. Shannon pubblicò su riviste di pediatria alcuni casi di manifestazioni neuropatiche, compresa l'epilessia, in bambini che presentavano intolleranze alimentari.

Nel 1925 W.W. Duke pubblicò le casistiche su casi di asma e riniti causate da intolleranze alimentari, e sempre nel 1925 G. Piness e H. Miller pubblicarono altri studi su casistiche pediatriche legate alle intolleranze alimentari.

Nel 1926 Albert Rowe, pubblicò le sue prime osservazioni sulle diete ad eliminazione come terapia per le allergie alimentari, diffondendo la sua teoria, attraverso conferenze e seminari, alla classe medica degli Stati Uniti, dando impulso alla ricerca e allo studio di questi problemi.

Nel 1951 fu introdotto il termine di Ecologia Clinica usato per la prima volta dal Dott. Theron G. Randolph nel suo libro “Food Allergy”. L'ipotesi di Randolph era quella di evidenziare come, accanto ai classici processi allergici, ci potesse essere tutta una serie di

fenomeni che non rientravano nel meccanismo tradizionale allergico-immunologico, ma che era legato a fenomeni di "intolleranza"; tali fenomeni si manifestavano con delle vere

e proprie assuefazioni a sostanze comuni quali gli alimenti.

Nel 1964 Il Dr. George J. Goodheart Jr. osservò la relazione tra l’assunzione di determinati cibi e la variazione della risposta della forza muscolare, sviluppando i test

kinesiologici. Il Dr. George J. Goodheart Jr. è unanimemente considerato il Padre della Kinesiologia, grazie alla sua costante attività di ricerca la Kinesiologia si è sviluppata come disciplina autonoma ed originale. Goodheart introdusse ufficialmente la Kinesiologia all'interno dei Giochi Olimpici nel 1980, alle Olimpiadi di Lake Placid, quale Membro Ufficiale del Comitato Medico Statunitense per gli Sport Olimpici. Nel 1998 l'International College of Applied Kinesiology, in considerazione dei successi da lui conseguiti in oltre sessant'anni di carriera, gli ha conferito il riconoscimento Lifetime Achievement Award.

Nel 1991, l'allergologo Allen P. Kaplan, descriveva la differenza tra le allergie tradizionali e le intolleranze alimentari, evidenziando che in queste manifestazioni cliniche non si rilevava una produzione di immunoglobuline di tipo E (IgE), da questa osservazione prende origine la definizione di intolleranze alimentari, meglio definite: allergie non allergiche. Quindi, l’intolleranza alimentare si può definire: reazione tossica all'ingestione di un determinato cibo non mediata da sistemi immunitari.

Nel 1993, l’Accademia Americana di Allergologia (AAAA) classifica le reazioni avverse ai

cibi come:

1) reazioni allergiche propriamente dette dovute a meccanismi immunologici e doseindipendenti (mediate dalle IgE ed IgG);

2) pseudoallergie da deficit enzimatici (es. deficit di lattasi con intolleranza al latte, favismo);

3) reazioni pseudoallergiche dovute a meccanismi extra-immunologici e dose-dipendenti (farmaci e alimenti liberatori di istamina), reazioni tossiche agli alimenti, ossia avvelenamento da funghi, da botulino;

4) intolleranze, in cui eliminando completamente un alimento, si verifica la scomparsa del sintomo.

Nel 1995 l’EAACI (European Academy of Allergy and Clinical Immu-nology), per evitare equivoci di definizione e terminologia tra le allergie e le intolleranze alimentari, propose un grafico e glossario dal nome: Position Paper Adverse Reactions to Food, classificazione delle reazioni avverse da ingestione di alimenti.

Il costante dilagare di questo fenomeno richiede un chiarimento e approfondimento della tematica suffragata da conoscenze acquisite e documentate, secondo canoni comprovati e validati.

Il termine intolleranze alimentari è usato negli ultimi decenni impropriamente, già l’EAACI nel 1995 classificava con tale termine le reazioni allergiche agli alimenti non immuno-mediate e derivanti da un deficit enzimatico. Sempre di più negli ultimi anni, anche per gli effetti indotti dalla globalizzazione, sono stati inseriti nell’alimentazione sostanze e alimenti nuovi che spesso l’organismo umano non riconosce, pertanto, non essendo dotato di sistemi enzimatici specifici, non possono essere correttamente metabolizzati dal sistema digestivo, assimilati ed eliminati. Poiché, gli alimenti spesso per problemi legati alla produzione, coltivazione, conservazione e dispensazione subiscono trattamenti chimici con diserbanti, disinfestanti, conservanti, antiossidanti, lievitanti, stabilizzanti, coloranti, aromatizzanti il problema si complica, in quanto difronte ad una reattività seguita all’ingestione di un alimento, è necessario discernere la componente che ha indotto la risposta reattiva.

Le reattività individuali si manifestano con più frequenze delle allergie, esse rappresentano un problema diagnostico discutibile e di difficile accettazione dal mondo scientifico, anche se questi metodi diagnostici esistono e sono in piena diffusione, non hanno una validazione e accreditamento scientifico. Non possono essere dimostrati, non vi è accordo tra gli operatori e studiosi, alcuni negano l’esistenza, altri invece enfatizzano i metodi.

Le intolleranze-allergia seguono un trend in aumento e le modalità delle reazioni ai vari alimenti si stanno modificando di pari passo con i cambiamenti che vengono apportati nell’alimentazione; inoltre, probabilmente l’introduzione di alimenti geneticamente modificati (OGM), nel prossimo futuro ci metterà difronte a nuove forme di reattività individuali e complessi quadri sintomatologici.

Possiamo concludere che le reattività individuali, possono derivare da varie cause, si manifestano in seguito ad un meccanismo di accumulo di tossine o metaboli, provocando

una reazione tossica all'ingestione di un cibo o sostanze non dovuta a fenomeni immunitari. Si manifestano su organi e apparati a carattere soggettivo spesso confondendosi e associandosi ad altre sindromi rendendo difficile la reale interpretazione dei sintomi.

Le reattività individuali possono insorgere da cause esterne o interne all’organismo, e si possono verificare in seguito all’azione di agenti: infettivi (batteri, virus), chimici (additivi, conservanti, farmaci), fisici (traumi, meteoropatie), ormonali (menopausa, malattie), intestinali (alterazioni della flora batterica, infiammazione della mucosa), psichici (ansia, stress, conflitti), ambientali (inquinamento, rumori, geopatie e metereopatie).

Mentre l’allergia alimentare può essere diagnosticata con relativa facilità, quando la reazione non è mediata da un meccanismo immunologico, ma da reattività individuale, la diagnosi si presenta più complessa, nonostante sia più frequente dell’allergia (solo il 5 % delle reazioni avverse agli alimenti possono essere definite di natura allergica).

Le casistiche fanno rilevare che l’individuo adulto percepisce le reazioni avverse agli alimenti come il principale problema della propria salute, tanto che circa un terzo della popolazione americana tende a modifica la propria alimentazione nella convinzione di avere un’allergia alimentare, atteggiamento condiviso anche in altri paesi: in Inghilterra (20% della popolazione) e in Olanda (10% della popolazione). In Italia il fenomeno è in continuo aumento e sempre una maggiore parte della popolazione viene interessata da problematiche relative alle intolleranze agli alimenti.

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Rocco Carbone

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